Critica Mostra: Arte a Palazzo · BOLOGNA

DARIO ROMANO
“L’Africa mi toccò l’animo già durante il volo: da lassù pareva un antico letto d’umanità. E a 4000 metri di altezza, seduto sulle nubi, mi pareva d’essere un seme portato dal vento.”
Saul Bellow

Le parole dello scrittore statunitense Saul Bellow esprimevano, ed esprimono ancora oggi, un sentimento che è peculiare di chi l’Africa I’ha conosciuta e che, già a guardarla dall’alto, è in grado di rapire l’anima, in modo viscerale.
A chi non ci ha mai messo piede, anche in maniera salgariana, ci ha pensato la letteratura, la cinematografia, la musica e, naturalmente anche I’arte. Non soltanto l’arte negra, cosi come è nota ai più la tradizione artistica sub sahariana,
ma anche quella del nord del continente, spesso, così vicina alla nostra cultura.
Ben oltre ciò, o meglio, ben oltre ciò che la cultura e la tradizione autoctone mirabilmente hanno offerto, esiste una produzione parallela che è quella derivante dall’amore per chi l’anima del continente africano se la porta dentro e la
traduce, poi, in secundis, nel proprio modo espressivo. Un esempio molto particolare, ed affatto banale, è quello di Dario Romano, artista bresciano che, tale passione, tale amore, li traduce, nel senso pieno del termine, mediante un
tipo di rappresentazione che porta la sintesi, la rama dell’essenzialità a compimento, in modo originale.
A Bologna, Egli giunge con due opere, Non tutto è come sembra e Do not disturb, in occasione della XX Collettiva Internazionale di Pittura, Scultura e Fotografia del progetto Arte a Palazzo. Protagoniste di questi lavori due fere della
savana, ritratte, però, con grande ironia, tale da renderle non mansuete nel senso di assoggettate, quanto, paradossalmente, umane. L’operazione compiuta da Romano ha la stessa valenza di quella compiuta, nella letteratura, da Esopo e Fedro? No, invero, è diversa. Il processo di Dario Romano, che pure ha valenza antropologica, si accompagna da una ironia sottile, pur colma di un rispetto per le terre d’Africa e per la sua fauna,
molto profondo. Osservando i dipinti ad olio qui in oggetto, ci si troverà immersi in una atmosfera del tutto straniante, tra un assonnato leopardo ed un leone, senza fauci che tiene tra le grinfie dei pomodori pelati in scatola, mentre il legame semantico tra significato e significante, tra immagine e titolazione, apre un varco speculativo di grande rilevanza.
Qualcosa non quadra, tuttavia. Decisamente. Dov’è la savana, dove sono i cieli, le immensità africane?
Non ci sono. Dario Romano ha scelto di estromettere tutto ciò per evocare tale magnificenza e dettare un nuovo codice, fatto di essenza, non di infiniti, bensì di “non finiti”®”. Il suo realismo ha un focus, come una lente di
ingrandimento che ha scelto l’oggetto principe della sua osservazione e ne ha fatto il centro semiotico delle composizioni, garantito da pennellate che inquadrano e poi sfumano, come si trattasse di rivelare una dimensione
surreale, positiva ma di memento per l’uomo cosiddetto “occidentale”.
Presenza ed assenza giocano di rimando, come nella costruzione teatrale, mondo che Romano conosce bene, quale scenografo e consulente, ad esempio, per il Teatro San Carlo di Napoli. E nel solco di questo tipo di dialogo, tra artista e pubblico astante, si inseriscono anche i due dipinti in mostra, in grado di segnare il punto di unione e separazione tra le parti, sostanziate da una resa pittorica che lascia parlare la maestria da sé.
Testi critici a cura dello staff della Galleria Farini nelle persone di Grazia Galdenzi, Roberto Dudine, Azzurra Immediato, Monica Bontempi.
La Galleria Farini, inoltre, ringrazia il Rettore dell’Universita Alberto Stocchi, Magnifico Prof. Stefano Pivato che, con atto di antico mecenatismo urbinate, ha chiesto
alla Biblioteca di Storia dell’Arte ed Estetica dell’ateneo, di raccogliere e collezionare nel
proprio archivio tutti i testi critici e i volumi editi dalla Galleria Farini Concept.

2017

Critica Mostra: Arte a Palazzo

Galleria Farini Concept (Bologna –  Dicembre 2017)

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