Critica di Dott. Simone Fappanni

2008

Critica di Dott. Simone Fappanni

Critico d’arte

LA PITTURA INFINITA DI DARIO ROMANO

FRA REALISMO ED EVOCAZIONE

«Quando il segno diventa forma e il colore diventa materia

il limite tra indelebile e definibile è forse superato… »

(Anonimo)

Il realismo evocativo di Dario Romano si configura come un’esperienza creativa di notevole impatto visivo ed emozionale.

Il “dettaglio” colorato diventa, nella tavolozza del pittore bresciano, apprezzato insegnante nell’ambito di seguitissimi corsi dedicati alle Beaux-Art tenuti presso l’Associazione Amici del Paesaggio di Rezzato, una vera e propria “metafora interpretativa”, ossia un richiamo a quella pregnanza di contenuti di cui si carica fortemente ogni suoi quadro.

Non si tratta però, di una sterile simbologia dicotomica, per la quale il gesto meta-narrativo diventa infruttifera trasposizione del dato reale, quanto piuttosto di vera e propria partitura sillabica, tanto è vero che le campiture, larghe e articolate che caratterizzano le sue composizioni, palesano una straordinaria coralità che, ovviamente, discende da uno studio, attento ed efficace, delle tinte e da un’inappuntabile impaginazione della tela.

Dario Romano è infatti tra quei pochissimi artisti che amano assaporare ogni pennellata, ogni tocco, ogni singolo frammento pigmentale, rendendolo unico, in grado, cioè, di sostenere quel complesso ordito che conduce a quella bella apertura immaginativa per cui figura e paesaggio diventano entrambe parte di un armonico connubio fra impressione e sensazione.

Ciò si nota, in modo davvero particolare, nella scelta dei soggetti attuata dall’artista che spesso richiamano alla mente un passato rurale in cui lo scorrere, lento e incessante, del tempo era scandito dall’alternarsi ciclico delle stagioni, con ritmi mai routinari, ove l’uomo, la vegetazione gli animali risultavano in perfetto equilibrio: quell’equilibrio dinamico delle forme e dei colori che Dario Romano riesce sapientemente a rievocare sulla tela con passione e affettuoso trasporto, cercando di mettersi continuamente in gioco.

Unitamente a questo aspetto, va parimenti posta attenzione agli accenti luministi declinati, senza esitazioni o pentimenti, nel condurre l’esecuzione dell’opera: la luce, calda e palpitante, si posa dolcemente su quanto raffigurato contribuendo, in maniera determinante, ad accentuarne la stretta fisicità, in accordo con quel dinamismo centripeto che caratterizza tutta la produzione di Romano.

In questo modo si spiega, a nostro avviso, la cura quasi maniacale che Dario riserva all’espressione dei sui personaggi che non paiono mai freddamente “in posa”, ma colti in attimi di vita reale.

Ne sono un eloquente esempio i bambini, che spesso compaiono nei suoi dipinti nella freschezza dei loro volti, ma anche gli anziani, in cui aspetto si carica di una singolare autorevolezza, e anche, pur sembrano assurdo a prima vista, la visione espressiva e posturale degli animali, che talvolta sono lo specchio di vizi e virtù umane o ne tratteggiano, con pacata ironia, le debolezze più lievi e veniali.

Così facendo, Dario Romano riesce a superare il confine che segna il passaggio, davvero obbligato, tra ideazione rappresentativa e intuizione, creando passaggi cromatici di avvolgente intensità.

Già da queste osservazioni appare sempre più chiaro che la pittura di Romano, dietro un’apparente facilità di lettura, nasconde una riflessione attenta e perspicace del vivere, in seno alla quale è estremamente gradevole perdersi ad libitum.

Di qui è facile sostenere, pur con tutte le dovute cautele che esige una riflessione di questo genere, che di fronte ai quadri del pittore bresciano non è difficile attuare una sorta di “specchiamento”, nel senso che nelle situazioni rappresentate risuonano echi di una quotidianità a cui tutti sono chiamati a fare fronte; quella quotidianità che va oltre qualsiasi barriera temporale dal momento che afferisce pienamente alla condizione umana.

Beninteso: quella di Dario non è una pittura criptica “mascherata” da un’apparente patina di disincanto; è, al contrario, una pittura che si presta a letture diverse e sempre più profonde, al punto da offrirsi a infinite letture e interpretazioni.

E questa, ne siamo assolutamente certi, risulta essere una delle caratteristiche stilistiche più pregnanti di questo eclettico artista che si esprime con un linguaggio pittorico alquanto personale.

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